Le detenute del carcere di Verziano, fotografano le loro emozioni

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Ottanta ore di corso, frequentato da dieci talentuose e anche volenterose donne che si trovano nel carcere di Verziano, hanno portato alla realizzazione di interessanti fotografie, che mettono in risalto le loro emozioni e i loro sentimenti più profondi di fronte a tale dolorosa situazione e non solo. Lo annuncia il sito Brescia oggi e racconta come alcune istantanee narrino semplicemente la realtà in modo artistico, come lo scatto in cui una ragazza di profilo poggia le sue dita alle sbarre, mentre in altre immagini il significato è più psicologico. E’ il caso delle due mani intrecciate attorno ad una corda di juta, simbolicamente sfilacciata.

Ecco poi sfilare la classica sagoma che attraversa silenziosa i corridoi e già da un primo momento, è facile capire quante parole si celino dietro ad uno sguardo, ad una espressione del viso e, in questo caso, ad una fotografia. L’obiettivo vede ciò che gli umani sentono: il valzer delle stagioni che passano, la cella con i letti messi in un angolo e i vestiti stesi alla meno peggio. Ne sono state selezionate una quindicina, ma in totale ne sono state realizzate oltre quattromila. Tra l’esterno fatto di libertà e l’interno dove si vive aspettando un domani sempre troppo lontano le detenute, hanno lasciato parlare la macchina fotografica. Hanno lavorato al progetto soltanto diece di esse, per un totale di sessanta, mentre gli uomini sono una novantina.

Il corso professionale di fotografia è stato organizzato dall’associazione Solco di Brescia in collaborazione con la direzione carceraria, gli operatori e, da Beppe Vigasio, storico imprenditore bresciano nel settore. E’ iniziato in primavera, a maggio, ed è terminato il 21 settembre per un totale di 80 ore, concluse grazie alla Regione Lombardia. Francesca Paola Lucrezi, direttrice di Verziano, ha commentato: “Ogni anno programmiamo i corsi regionali con gli enti competenti e con quello di fotografia, abbiamo voluto dare corpo all’espressività che vive e respira anche qui: perchè l’obiettivo è stato il mezzo per filtrare la realtà del carcere, per darle una lettura personale, ricca di emozioni”.

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